15 novembre 2013

La battaglia delle taglie, quando la 48 paga pegno

Oggi un articolo un po' diverso dal solito, nato da un mio sfogo su fb e che ha raccolto diversi consensi. Uno sfogo dai toni accesi e un po' ironici, perché le cose sentite le esprimo così, con l'ironia, con il modo che più rispecchia e che più mi è congeniale.
Lo copio qui, nella speranza che lo legga qualche altra donna che vive la mia stessa disavventura ogni volta che si va per negozi e si senta meno sola. Nella speranza che qualcuno ai piani alti si decida a cambiare le cose, perché finché non si solleva il dibattito e finché ci si lamenta solo con la vicina di casa non migliora niente. Perché vorrei che non fossimo classificate come donne e donne curvy (anche se è il termine più politicamente corretto che si possa desiderare), vorrei che non ci fosse una classificazione, siamo solo donne, tutte ugualmente donne a prescindere dalla taglia, dai chili e dai centimetri. 


"Tutti dicono che lo shopping è un toccasana per l'umore delle donne, io vorrei tanto capire chi sono queste donne in questione. Ogni volta che devo andare per negozi a comprare qualcosa che non siano borse o scarpe, mi viene il male di vivere, lo stesso di quando dovete andare a pagare le bollette e sapete che è la settimana in cui pagano le pensioni. LA MORTE. NERA.


Tutto questo deriva da una sola e unica cosa chiamata TAGLIA. In base a quale principio una che porta una 38 deve pagare un paio di jeans 10€ e una poveraccia con la 48 per comprarseli si deve vendere il corredo ricamato a mano dalla pora nonna "che quanno te sposi questo te lo porti a casa nuova e ce fai bella figura colla suocera" . No perché lei ci sperava che mi sposassi, peccato che non sapeva che se porti la 48 ti devi vestire come Moira Orfei, ma con i tendoni del circo per essere precisi, e a quel punto che speranza hai di trovare un marito?



Mi volete davvero dire che quei 10/20 cm di differenza vi costano 20€ in più?! Minchia, non raccontatelo agli operai cinesi che sfruttate nelle fabbriche perché vi sparisce metà della merce.

Una poveraccia che porta la 48, badate bene che 48 non è necessariamente sinonimo di obesa XXXL un anno per rinascere con tanto di trainer che ti insulta per farti arrivare dalla sedia alla cucina, perché non ha diritto agli stessi modelli di pantaloni di una minuta? Chi ha stabilito che se ho una taglia superiore alla 48 scavallo alle taglie forti? Io porto una 48 e sono stufa di sentirmi obesa, sono stanca di entrare nei camerini con la stessa morte nel cuore del capodoglio che si incaglia in un porto e chissà mai se rivedrà i suoi amici dell'oceano, non mi va più giù. 
Una volta si diceva che "l'altezza è metà bellezza" e perché allora il mio stacco di coscia da 50cm sembra sia stato maledetto nemmeno fossi Adamo ed Eva al cospetto di Dio "Tu sei una coscia lunga e proverai i pantaloni con dolore". La mia mezza bellezza dall'alto del mio 1,75 la voglio, è metà ma la voglio lo stesso! 

Vai in giro e senti i commenti di gente che, dall'alto della loro sapienza e consapevolezza morale, spara commenti del tipo:"guarda quella con che pantaloni va in giro! Ma non si vergogna? Non si guarda allo specchio prima di uscire? Quei pantaloni sono così attillati che sembra si sia avvolta nel domopack e poi l'abbia colorato con l'aerografo". Sapeste quanto rode a me andare in giro con un paio di jeans che come bevo un goccio d'acqua vado in compressione nemmeno stessi facendo una seduta di pressoterapia; se per disgrazia mi cade qualcosa a terra devo sperare che non sia qualcosa di vitale perché l'idea di raccoglierlo senza che i pantaloni in questione diventino delle parigine è impensabile. Lo specchio ce l'ho a casa, eccome se ce l'ho, ma ormai evito di guardarlo prima di uscire per evitare che la gente pensi pure che sono acida oltre che non so vestirmi. 

Con questo non voglio denigrare le taglie 38, per costituzione o indotte, non voglio dire che "le curve sono belle e le ossa lasciatele ai cani", non voglio dettare nessun canone di bellezza, voglio solo andare in un negozio e poter scegliere i pantaloni dal modello e non dalla taglia. 
Se poi tocchiamo il tasto della vita bassa non ne usciamo. La vita bassa per me è il ritaglio avanzato dagli shorts, mi ci mancano almeno 2 spanne per farli arrivare ai fianchi. Oh quella non è ciccia, sono ossa, non posso zipparmele per occupare meno spazio sul disco, i fianchi mi servono per chiudere gli sportelli quando ho le mani occupate e per passare in modo sexy tra le macchine come la tipa della pubblicità delle Dietorelle degli anni '90. E non mi tirate fuori le statistiche secondo cui l'altezza media in Italia è di 1,60/62, perché se sono fuori norma allora voglio un contratto immediato per sfilare con Dolce e Gabbana o un sovvenzionamento dal servizio sanitario nazionale per comprarmi i vestiti.

Io ogni volta ci spero in una rivoluzione virale in cui le donne scendono in piazza e, invece di bruciare i reggiseni come facevano le femministe, bruciano le etichette con scritto taglie forti e si legano in fronte a mo' di bandana i pantaloni microscopici che non entrano a nessuna. Sicuramente non è un problema come la fame nel mondo o la crisi economica, ma se c'è così tanto disagio percepito da tante donne forse qualcosa di profondamente ingiusto c'è."

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